malattie fungine delle piante

Malattie fungine delle piante: come migliorare la difesa autogena e ridurne l’incidenza

Le malattie fungine delle piante sono fenomeni complessi che richiedono una comprensione approfondita, al fine di creare le condizioni adatte a ridurne l’incidenza e preservare la salute delle colture. 

Queste malattie possono costituire una sfida, perché mettono a dura prova la capacità delle piante di produrre fiori e frutti di qualità e in quantità. Ecco perché, in questo articolo, vedremo come migliorare la capacità delle piante di difendersi autonomamente, restituendo loro un equilibrio che anni di pratiche agricole aggressive gli hanno sottratto. 

Il ruolo della rizosfera nel contrastare le malattie fungine delle piante

Rigenerare il suolo per offrire alle piante le condizioni adatte a sviluppare la propria difesa autogena dalle malattie fungine è essenziale per fare un passo concreto verso un’agricoltura sostenibile. 

I cambiamenti climatici, le pratiche agricole intensive in uso già da decenni e l’uso di prodotti chimici hanno compromesso l’equilibrio microbiologico del terreno. 

Le piante possiedono naturalmente la capacità di difendersi dagli attacchi di patogeni e parassiti, ma per riattivare questa loro abilità e ridurre drasticamente l’impiego di antiparassitari e fungicidi – oltre a preservare una produzione qualitativamente e quantitativamente soddisfacente – dobbiamo ripristinare la ricchezza microbiologica nel terreno.

Alcune tra le più diffuse malattie fungine delle piante – tra cui il mal dell’esca, la peronospora della vite, l’oidio, l’armillaria, l’alternaria del pero e moltissime altre – causano gravi danni ai raccolti e spingono gli agricoltori a contrastarle impiegando prodotti chimici aggressivi che hanno, però, un effetto nocivo non soltanto sui funghi patogeni ma anche su tutta la microbiologia utile.

I funghi – al pari di batteri, protozoi e nematodi – sono gli indiscussi protagonisti della vita nella rizosfera (link all’articolo del 16/01). Al fianco della popolazione patogena c’è quella benefica che – se ha la possibilità di svilupparsi correttamente – crea una vera e propria rete difensiva intorno alle radici delle piante e si espande addirittura nella parte aerea, respingendo attivamente gli attacchi di patogeni e parassiti.

Il ruolo ecologico dei funghi e della microbiologia del suolo in agricoltura è ormai appurato e – se sfruttato correttamente – rappresenta un vero e proprio alleato contro l’insorgenza di malattie. Ecco perché i nostri sforzi dovrebbero concentrarsi più che sul curare i sintomi, sull’affrontare le cause profonde che minacciano la salute delle piante.

Rigenerare il suolo per una difesa autogena dalle malattie fungine

La natura stessa – quando non depauperata della sua ricchezza – ha provveduto a proteggere le piante da eccessivi attacchi da parte delle malattie fungine. Le nostre colture non hanno perso la capacità di sviluppare una difesa autogena: semplicemente non vivono più nelle condizioni ottimali perché questa possa svolgere pienamente la sua funzione.

Il suolo è impoverito e ha perso la sua biodiversità.

Ma non tutto è perduto, abbiamo la possibilità di tornare ad una condizione ottimale rigenerando una corretta microbiologia del suolo. 

Dare luogo ad un ambiente ostile allo sviluppo e all’attacco dei funghi nocivi consiste nel mettere in atto delle pratiche che vanno a rafforzare la difesa autogena delle colture, non soltanto a livello delle radici ma anche nella parte aerea.

Il ripristino di questa barriera naturale è un metodo sostenibile di lotta contro le malattie, che ha come risultato finale quello di diminuire gli attacchi di patogeni riducendo al contempo l’impiego di fungicidi chimici. 

Questo obiettivo si può raggiungere rigenerando la microbiologia naturalmente presente nel suolo, attraverso l’inoculo di veri e propri consorzi microbici, che vanno a proteggere le piante dagli attacchi dei microrganismi patogeni. Possiamo anche potenziare il loro effetto sfruttando tecniche agronomiche come le cover crops – cioè colture di copertura che vanno a proteggere o migliorare il substrato – o la consociazione – cioè la coltivazione sullo stesso terreno di piante diverse per mantenerne la corretta vitalità e ridurre l’attacco da parte di patogeni.

Attraverso approcci avanzati, come il Metodo Geavitae, è possibile restituire al terreno ciò che anni di pratiche troppo aggressive gli hanno tolto.

Il nostro protocollo, infatti, si suddivide in tre fasi principali:

  1. analisi al microscopio della microbiologia presente nel suolo;
  2. inoculo di microbiologia ed elementi selezionati attraverso fertilizzanti organici e organo-minerali, al fine di ristabilire l’equilibrio microbico;
  3. monitoraggio a lungo termine del terreno e della salute delle colture.

 

Questa metodologia favorisce il ritorno a una condizione microbiologica ottimale, consentendo alle piante di difendersi in modo naturale e riducendo la suscettibilità alle malattie fungine. Con il Metodo Geavitae stimoliamo la resistenza naturale e limitiamo la necessità di interventi chimici aggressivi.

La difesa autogena dalle malattie fungine è possibile e accessibile attraverso pratiche agronomiche sostenibili e avanzate. Rigenerare il suolo restituendogli la sua naturale biodiversità non solo promuove la salute delle piante, ma contribuisce anche a preservare l’ambiente. 

Contattaci per sapere di più sul Metodo Geavitae!

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